mercoledì 30 settembre 2009

Il Tifo: un fenomeno complesso



Il tifo è il vero collante tra lo sport e i suoi fans, ed il metro con cui si regolano i rapporti tra di essi. E' passione non dettata dalla ragione, amore incondizionato, partecipazione emotiva alle imprese dei nostri idoli, condivisione dei loro sentimenti, dei loro risultati quasi come fossero nostri. E così bramiamo e tremiamo per la tensione e poi per la gioia, quando il nostro eroe raccoglie un grande risultato. Condividiamo la gioia del momento, ci sentiamo trasportati, leggeri, affermati nella buona sorte che si è conquistato a suon di giri veloci e sorpassi mozzafiato.

 
Allo stesso tempo, quando le cose vanno male - magari nemmeno per causa diretta dell'oggetto del nostro tifo, un peso ci grava sul petto. Siamo tristi e depressi, ci viene voglia di spegnere la TV prima della fine della gara, non vediamo l'ora che arrivi la prossima perchè avvenga il riscatto e ci dibattiamo nell'impazienza.



Ovviamente, al tifo partecipano altre persone - chi condivide il nostro, chi ne è diretto avversario, chi ne è semplicemente estraneo. Pur non arrivando alla brutalità tribale del tifo calcistico, ereditato dall'abitudine romana ad utilizzare lo sport e lo spettacolo come valvole di sfogo per i recrudescenti istinti barbarici delle masse, tenuti costantemente a freno dalla vita sociale, il complesso di empatìe verso squadre e piloti nel motorsport è caratterizzato da forte intensità e regola piuttosto chiaramente "l'assetto"  della tifoseria nel suo interagire, di persona in autodromo o tramite comunicazione da casa. Ma come ha origine, perlomeno nel Motorsport, questo fenomeno sia individuale che sociale?
Il tifo è spesso, nelle Corse, caratterizzato dall'imprinting. Quasi ogni appassionato di motori ha iniziato fin da bambino, lasciandosi colpire da un particolare, un dettaglio. Una livrea, un nome, un casco. In Italia quest'imprinting è spesso di stampo Ferrarista: grazie alla lunga scia di successi sportivi e di mercato, la Ferrari è entrata a far parte della cultura mondiale e della tradizione motoristica. Giocando con una macchinina, da bimbi, spesso restiamo colpiti dal colore rosso: un vero e proprio clichè. Il pargolo che si affaccia alla F1 per la prima volta, riconosce improvvisamente l'auto rossa con cui ha sempre giocato. 



Ovviamente l'imprinting viene accentuato dall'ambiente circostante: i media parlano soprattutto della Ferrari. Quando vince è festa, quando perde clamorosamente è un vero e proprio caso-scandalo, quando non è assolutamente in grado di lottare per la vittoria suscita scarso interesse. I "profani" arrivano ad identificare nella Ferrari e nei suoi piloti l'intero mondo del motorsport - un po' come riassumere l'Universo al solo Sistema Solare... La famiglia - in genere la figura paterna, e spesso anche gli amici del padre, calcheranno ancora di più la mano, poichè fanno parte di una generazione cresciuta insieme ai successi della Ferrari, e vedranno in essa gran parte della propria vita sportiva. La fase di imprinting non è tuttavia universalmente valida. A volte si matura un tifo vero e proprio dopo anni da semplice spettatore, o si cambia nel corso del tempo. La fase universalmente valida, però, è quella della verifica. Indipendentemente da come "sbocci" l'interesse verso una squadra o un pilota, l'azione immediatamente successiva è composta da documentazione e "sondaggio" sull'opinione altrui. Si cercano informazioni sull'oggetto di interesse, per rendersi più precisamente conto di quanto sia applicabile nella sua carriera la nostra sensazione di affinità, e poi si parla con altri appassionati, in genere qualcuno con idee affini alle nostre in altri temi del Motorsport. Spesso quell'opinione è determinante nel successivo rapporto con il team o il pilota; il tifo si modella su altro tifo, e si passa dalla simpatizzazione personale a quella più comunitaria, che coinvolge più persone. C'è da sottolineare che a volte questa fase è totalmente estranea al tifo più viscerale, e riguarda interesse per un buon conduttore, o una squadra simpatica. Ad esempio, un tifoso Ferrari può essere incuriosito e poi colpito da Sutil, per le sue ottime doti di guida al volante di monoposto di secondo piano; tanto che, in una giornata nera per la Ferrari ma ottima per Sutil, si arriverà ad essere perlomeno consolati dal fatto che qualcun altro, nella "rosa" di nomi che apprezziamo, abbia avuto una giornata fortunata.
Nelle Corse manca l'odio verso l'avversario di tifo, tuttavia resta una netta divisione tra fazioni. Nel mondo collaborativo e dalla mentalità aperta che caratterizza l'automobilismo, spesso si tratta più di un dialogo tra sponde diverse di uno stesso fiume che di aperta rivalità. L'esempio più classico è Ferrari vs McLaren. La maggior parte dei tifosi stima l'avversario, pur detestandolo in cuor suo ogni volta che trionfa, e gongolando ogni volta che viene invece sconfitto. La viscerale energia del tifo viene così convogliata in azioni positive anche di crescita personale, sia nel relazionarsi con una corrente diversa da quella a cui si appartiene, sia nell'imparare ad apprezzare tridimensionalmente pregi e difetti di ogni schieramento. Come motore sociale, il tifo per le squadre nell'automobilismo riesce ad avvicinare persone distanti geograficamente, di classi diverse e di idee personali differenti, eppure legate da una stessa risposta di alcune parti del cervello ad uno stimolo comune. Allo stesso tempo, la tifoseria è un potente propulsore economico. Dal merchandise ai biglietti degli autodromi ai diritti TV, per non parlare di manifestazioni, eventi, anche semplice partecipazione a siti internet, la passione è un business che vale miliardi di euro. Ogni pulsante battito cardiaco che tambureggia all'unisono nelle casse toraciche di milioni di spettatori equivale ad un "drin" nelle casse di chi questo sport lo organizza.



Ma il tifo è anche, ed infine, legato alle vicende ed alla maturazione personali. In questo, la mia esperienza diretta da tifoso può aiutare.
Ho iniziato, come quasi ogni italiano appassionato di motori, con la Ferrari. Fino ad un paio d'anni fa, non ho mai avuto l'impronta di tifo rivolto al pilota - più che alla squadra - tipica dei paesi anglosassoni e della germania. La Ferrari è una religione, chi la professa praticamente con i risultati in pista non ha molta importanza. Unica eccezione, la simpatia rivolta ai piloti italiani - unico altro tifo davvero comune nella nostra penisola. Eppure nel 2002 qualcosa ha iniziato a muoversi, con il debutto di Mark Alan Webber in Formula 1. Come poteva un bambino di dieci anni essere così colpito da un singolo pilota, è facile dirlo: Mark era australiano, e io ho sempre avuto grande passione per l'Australia. La sua combinazione nome-cognome è decisamente eufonica, e il suo casco è esteticamente mozzafiato. Inoltre aveva ottenuto il sedile alla Minardi, piccolo team italiano che eroicamente affrontava ogni giorno le difficoltà della F1, lanciando giovani piloti. 



Da lì è iniziato il mio primo, reale tifo riservato al singolo pilota; il cuore, tuttavia, continuava a battere per la Ferrari. Tre anni dopo, nel 2005, debuttava la Red Bull Racing, squadra gestita dalla famosa produttrice di energy drink, e sulla quale scriverò cospicui approfondimenti prossimamente. Un'azzeccata combinazione estetica e un modo rivoluzionario di comunicare hanno presto portato la Red Bull ai vertici delle squadre non-Ferrari nella mia personale "classifica". Nel 2007, Webber si è unito alla Red Bull: coppia potenzialmente esplosiva, sia come risultati che come... Passione.
Negli ultimi due anni, una profonda maturazione personale mi ha portato verso i lidi della razionalità intensa e determinata, grazie a diversi "fattori esterni". Ho maturato una diversa concezione del mondo e dei miei altri interessi, come l'arte e la scienza. Questo processo ha lentamente diminuito il pathos nei confronti della Ferrari, icona visceralmente potente ma che ha iniziato a fare meno presa sul mio cervello. Ora ho una differente visione del motorsport rispetto ad allora - questo blog ne è l'espressione, e il nato interesse nei confronti delle strategie di marketing e delle idee geniali e di successo mi hanno sempre più progressivamente avvicinato alla Red Bull, team in cui mi rispecchio particolarmente. Giovane, fresco, innovativo: rivoluzionario nell'approccio. Curato sotto l'aspetto estetico e più commerciale, ma anche sotto il profilo tecnico-sportivo. Ha una finalità aridamente asettica, quella di diffondere e promuovere il marchio tramite lo sport per aumentare gli incassi, ma ha reclutato tecnici ed ingegneri abilissimi, gente davvero appassionata e competente, investendo nel futuro con un ricco programma giovani e mettendo in macchina due dei migliori piloti di F1 in attività.
Il tifo, insomma, è un diamante ricco di sfaccettature sia collettive che personali, un fenomeno in maturazione nel corso della vita di un individuo e la spinta che permette allo sport che amiamo di andare avanti, giorno per giorno.
Red Bull Racing: we believe.


1 commento:

  1. Anonimo ha detto...

    "Il pargolo che si affaccia alla F1 per la prima volta, riconosce improvvisamente l'auto rossa con cui ha sempre giocato. "

    Questa è una frase magnifica, fa veramente commuovere. Bellissimo l'articolo!

    Alexander Rotella

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