giovedì 1 ottobre 2009

Kimi Raikkonen e la Ferrari: perchè separarsi?



Il divorzio Raikkonen/Ferrari è senza dubbio uno dei "topic" più discussi del momento, ma anche affrontati in maniera più superficiale e poco obiettiva. Chi è Kimi Raikkonen, come pilota? Come si rapporta alla F1 moderna, in particolare alla Ferrari, perchè una collaborazione nata sotto i migliori auspici è fallita? In particolare, quello di Raikkonen può essere un ottimo spunto per riflettere sull'approccio che ognuno di noi, nella corsa sgomitante in mezzo alla società e al mondo in continua evoluzione in cui viviamo, adotta e/o dovrebbe adottare. 
Innanzitutto, è bene affrontare il quesito di partenza: chi è Raikkonen?
Un finlandese stranamente atipico. Sebbene i suoi connazionali siano in genere tipi aperti ed ospitali, quasi irritanti nell'essere perennemente sorridenti e gioviali, Raikkonen è un concentrato di tale freddezza e asetticità dall'essersi procurato il soprannome ormai celeberrimo di "Iceman".


Introverso, poco propenso al dialogo con gli ingegneri, infastidito dai media ed incurante dei tifosi, Raikkonen è l'opposto dei personaggi che Bernie Ecclestone vorrebbe in F1, per attrarre più spettatori. Eppure Raikkonen di tifosi ne ha raccolti a bizzeffe, grazie soprattutto al suo superbo stile di guida. Kimi è un pilota eccezionale, dalla guida pura ed istintiva. E' saltato in F1 da un'auto che aveva circa 260 cavalli, sostanzialmente un quarto di potenza rispetto alla Sauber-Ferrari che avrebbe in seguito guidato; a punti alla prima gara e costante tutto l'anno, Raikkonen non ha quindi problemi a gestire le grandi potenze, segno di una grande sensibilità motoria del piede destro e di un'acuta prontezza di riflessi. Pur essendo bravo sull'asfalto viscido, non ha mai tirato fuori miracoli sul bagnato - ottime gare, sì, ma nulla che ti facesse pensare "è un mago della pioggia". Può sembrare una contraddizione, visto che con il bagnato diventa fondamentale proprio dosare il gas, ma è un'altra la carta vincente: l'acqua abbassa notevolmente il livello di grip della pista, ma soprattutto lo uniforma. Il che significa che piloti capaci di inventarsi grip dove praticamente non ce n'è, sbancano le gare sul bagnato; Senna, Schumacher, Vettel sono gli esempi più famosi.



Ciò che rende Raikkonen bravissimo è la capacità di entrare nelle curve veloci con una velocità superiore a quella dei rivali: lanciarsi con il muso inchiodato e il posteriore che sfarfalla in una curva da 250 orari, questa è la situazione che rende Raikkonen una fionda. La dimostrazione più eclatante è il sorpasso a Giancarlo Fisichella nell'ultimo giro del GP del Giappone 2005, in cui conquistò probabilmente la vittoria più bella della sua carriera. 

http://www.youtube.com/watch?v=APqZTq2LuRM&feature=related

Spa, Suzuka, Nurburgring. Tutte piste dalle medie di velocità spaventose, in cui Raikkonen si è sempre espresso al meglio con qualunque team, in qualunque anno. Un pilota fantastico, senza dubbio, anche se poco creativo nella guida, sempre costante e tenace e che l'anno scorso, a Spa, ha dato origine al duello più epico della F1 moderna: tre giri di battaglia infernale con Lewis Hamilton, sotto una pioggia leggera che rendeva i cordoli infidi, la pista traditrice, l'aderenza precaria. Una battaglia fra titani di determinazione che si è conclusa solo a poche centinaia di metri dall'inizio dell'ultimissimo giro.

http://www.youtube.com/watch?v=Yzgb0SVfiIc

Proprio per queste sue caratteristiche, tuttavia, Raikkonen è un pilota poco adatto alla F1 moderna. Le piste velocissime stanno lentamente svanendo dal Mondiale di F1, tanto per cominciare. Inoltre, si tratta di uno sport che ormai richiede un pluralismo eccezionale: essere bravi alla guida non basta. Bisogna avere il giusto feeling con gli ingegneri, essere raffinati nel settaggio della vettura. E' importante allenarsi frequentemente e tenersi concentrati, cosa che Raikkonen si è comunque impegnato a fare, ma che non ha mai fatto parte in pieno della sua personalità e del suo bagaglio. Prima Lauda e poi soprattutto Prost hanno cambiato il modo di intendere la F1 dal punto di vista del pilota, rendendo Raikkonen un pilota anacronistico, e poco adatto per un team come la Ferrari, ancora in fase di affermazione della sua nuova identità. Da più parti - soprattutto dai tifosi di Raikkonen, si sono levate critiche di ogni tipo alla scelta di scindere il contratto del finlandese. E' il pilota più veloce dell'attuale F1, si dice, e probabilmente è vero; ma non è il più completo, e svettare in un solo campo per poi essere carente nel resto in genere porta a... Rescindere il contratto con la Ferrari. Ha pur vinto il Mondiale 2007, al suo primo anno in Ferrari. Vero, una vittoria Mondiale a dir poco eccezionale, resa tuttavia possibile da un'auto che si sposava perfettamente con le sue caratteristiche di guida: più simile ad un caccia, tremendamente stabile nelle curve veloci, che a un'auto di F1 che dovrebbe generare moltissimo grip meccanico e stabilità su superfici sconnesse - come i cordoli. Il quadro tecnico però evolve, e perchè l'auto sia adatta al più piste possibili, c'è bisogno di trovare un maggior compromesso: ciò che ha reso grande la F2008, più ostica da guidare per Raikkonen rispetto all'auto precedente. Si dirà che negli ultimi trent'anni è stato l'unico pilota oltre a Schumi a regalare un titolo alla Ferrari, che si è impegnato a tralasciare i superalcolici per dimagrire ed adattarsi meglio ad una F60 estrema, che è stato "fregato" dalla maggiore capacità di Massa di trascinare il team e coinvolgere chi gli sta intorno, che così, che colà, e che insomma non è giusto.
La risposta non può che essere semplice, tanto quanto spietata.
Il fatto che Raikkonen sia l'unico Ferrarista vincitore di un Titolo negli ultimi trent'anni a parte Schumi, non significa che sia l'unico in grado di farcela, nè il pilota capace di farlo meglio. Anzi, come abbiamo visto prima, Raikkonen non è assolutamente adatto ad un mondo, quello Ferrari, fatto di costanti riunioni tecniche, incontri di PR, discussioni con i media, rapporto con i tifosi, presente massicciamente in tutto il paddock ma con terrificante intensità intorno alle squadre maggiori. 
Si è impegnato a dimagrire ed ha ridotto il consumo di superalcolici? E per questo dovrebbe meritare la riconferma? Per aver fatto un sacrificio per il bene della squadra?
Questo è ciò che i piloti dovrebbero fare di mestiere. E' un requisito standard, e soprattutto nei confronti di un team come la Ferrari, è il minimo sindacale: c'è gente che ha sacrificato contratti multimilionari con team assolutamente vincenti per correre con la Ferrari quando questa era un catorcio scoppiettante, e anche se fosse stato un gesto biblicamente stupefacente, una riconferma non si elargisce certo per questo tipo di sforzo nei confronti della Scuderia. Massa lo ha fregato? Peggio per Raikkonen. Il mondo attuale funziona così, devi saperti muovere in ogni tipo di ambiente, e se Kimi non ce l'ha fatta, allora affari suoi: si tratta comunque di una dote in meno rispetto ad un rivale, e in un universo politico come la F1 odierna conta quasi quanto saper guidare.



In ogni caso, se tutte queste motivazioni non vi fossero bastate, c'è ancora la migliore a serpeggiare sinuosa sulle zanne delle fauci del Caso: il fatto che, secondo un'opinione personale, "non sia giusto", non ha nessun valore nel confronto asettico con la realtà dei fatti. Raikkonen ha dato tanto alla Ferrari, e ricevuto altrettanto, e nessun ferrarista lo dimenticherà; ma le riconferme si basano sui risultati, non sulla gratitudine. Pertanto scelta saggia e pienamente condivisibile della Ferrari, perchè Raikkonen ha dato ciò che aveva da dare, e non avrebbe avuto nulla di più da aggiungere nel suo rapporto con le Rosse. Giusto o meno, fuori. E la Scuderia ne trarrà sicuramente dei vantaggi, visto il nome del sostituto.



Quello di Raikkonen è un caso tipico di molti giovani di talento, soprattutto italiani, che si affacciano all'Europa. La F1, così come il resto della civiltà Occidentale, richiede oggi una pluralità di capacità il più vasta possibile, il che fa di Raikkonen un pilota capitato nel posto giusto... Ma nell'epoca sbagliata! Qualcuno dice che sarebbe stato fortissimo negli anni '80. Io non sono d'accordo, perchè era un periodo in cui il grip era più uniforme rispetto ad ora lungo la pista, ed era importante riuscire a trovarlo dovunque, ciò che rese magico Senna. Raikkonen sarebbe però stato perfetto per le wing car, in particolare per le Lotus di Colin Chapman: pura genialità aereodinamica, che si sarebbe amalgamata alla perfezione con la guida di Raikkonen!
Tuttavia, il Caso ha decretato altrimenti, e così Raikkonen si ritrova a lottare contro un mondo che richiede di essere non solo bravi, ma eclettici.

mercoledì 30 settembre 2009

Il Tifo: un fenomeno complesso



Il tifo è il vero collante tra lo sport e i suoi fans, ed il metro con cui si regolano i rapporti tra di essi. E' passione non dettata dalla ragione, amore incondizionato, partecipazione emotiva alle imprese dei nostri idoli, condivisione dei loro sentimenti, dei loro risultati quasi come fossero nostri. E così bramiamo e tremiamo per la tensione e poi per la gioia, quando il nostro eroe raccoglie un grande risultato. Condividiamo la gioia del momento, ci sentiamo trasportati, leggeri, affermati nella buona sorte che si è conquistato a suon di giri veloci e sorpassi mozzafiato.

 
Allo stesso tempo, quando le cose vanno male - magari nemmeno per causa diretta dell'oggetto del nostro tifo, un peso ci grava sul petto. Siamo tristi e depressi, ci viene voglia di spegnere la TV prima della fine della gara, non vediamo l'ora che arrivi la prossima perchè avvenga il riscatto e ci dibattiamo nell'impazienza.



Ovviamente, al tifo partecipano altre persone - chi condivide il nostro, chi ne è diretto avversario, chi ne è semplicemente estraneo. Pur non arrivando alla brutalità tribale del tifo calcistico, ereditato dall'abitudine romana ad utilizzare lo sport e lo spettacolo come valvole di sfogo per i recrudescenti istinti barbarici delle masse, tenuti costantemente a freno dalla vita sociale, il complesso di empatìe verso squadre e piloti nel motorsport è caratterizzato da forte intensità e regola piuttosto chiaramente "l'assetto"  della tifoseria nel suo interagire, di persona in autodromo o tramite comunicazione da casa. Ma come ha origine, perlomeno nel Motorsport, questo fenomeno sia individuale che sociale?
Il tifo è spesso, nelle Corse, caratterizzato dall'imprinting. Quasi ogni appassionato di motori ha iniziato fin da bambino, lasciandosi colpire da un particolare, un dettaglio. Una livrea, un nome, un casco. In Italia quest'imprinting è spesso di stampo Ferrarista: grazie alla lunga scia di successi sportivi e di mercato, la Ferrari è entrata a far parte della cultura mondiale e della tradizione motoristica. Giocando con una macchinina, da bimbi, spesso restiamo colpiti dal colore rosso: un vero e proprio clichè. Il pargolo che si affaccia alla F1 per la prima volta, riconosce improvvisamente l'auto rossa con cui ha sempre giocato. 



Ovviamente l'imprinting viene accentuato dall'ambiente circostante: i media parlano soprattutto della Ferrari. Quando vince è festa, quando perde clamorosamente è un vero e proprio caso-scandalo, quando non è assolutamente in grado di lottare per la vittoria suscita scarso interesse. I "profani" arrivano ad identificare nella Ferrari e nei suoi piloti l'intero mondo del motorsport - un po' come riassumere l'Universo al solo Sistema Solare... La famiglia - in genere la figura paterna, e spesso anche gli amici del padre, calcheranno ancora di più la mano, poichè fanno parte di una generazione cresciuta insieme ai successi della Ferrari, e vedranno in essa gran parte della propria vita sportiva. La fase di imprinting non è tuttavia universalmente valida. A volte si matura un tifo vero e proprio dopo anni da semplice spettatore, o si cambia nel corso del tempo. La fase universalmente valida, però, è quella della verifica. Indipendentemente da come "sbocci" l'interesse verso una squadra o un pilota, l'azione immediatamente successiva è composta da documentazione e "sondaggio" sull'opinione altrui. Si cercano informazioni sull'oggetto di interesse, per rendersi più precisamente conto di quanto sia applicabile nella sua carriera la nostra sensazione di affinità, e poi si parla con altri appassionati, in genere qualcuno con idee affini alle nostre in altri temi del Motorsport. Spesso quell'opinione è determinante nel successivo rapporto con il team o il pilota; il tifo si modella su altro tifo, e si passa dalla simpatizzazione personale a quella più comunitaria, che coinvolge più persone. C'è da sottolineare che a volte questa fase è totalmente estranea al tifo più viscerale, e riguarda interesse per un buon conduttore, o una squadra simpatica. Ad esempio, un tifoso Ferrari può essere incuriosito e poi colpito da Sutil, per le sue ottime doti di guida al volante di monoposto di secondo piano; tanto che, in una giornata nera per la Ferrari ma ottima per Sutil, si arriverà ad essere perlomeno consolati dal fatto che qualcun altro, nella "rosa" di nomi che apprezziamo, abbia avuto una giornata fortunata.
Nelle Corse manca l'odio verso l'avversario di tifo, tuttavia resta una netta divisione tra fazioni. Nel mondo collaborativo e dalla mentalità aperta che caratterizza l'automobilismo, spesso si tratta più di un dialogo tra sponde diverse di uno stesso fiume che di aperta rivalità. L'esempio più classico è Ferrari vs McLaren. La maggior parte dei tifosi stima l'avversario, pur detestandolo in cuor suo ogni volta che trionfa, e gongolando ogni volta che viene invece sconfitto. La viscerale energia del tifo viene così convogliata in azioni positive anche di crescita personale, sia nel relazionarsi con una corrente diversa da quella a cui si appartiene, sia nell'imparare ad apprezzare tridimensionalmente pregi e difetti di ogni schieramento. Come motore sociale, il tifo per le squadre nell'automobilismo riesce ad avvicinare persone distanti geograficamente, di classi diverse e di idee personali differenti, eppure legate da una stessa risposta di alcune parti del cervello ad uno stimolo comune. Allo stesso tempo, la tifoseria è un potente propulsore economico. Dal merchandise ai biglietti degli autodromi ai diritti TV, per non parlare di manifestazioni, eventi, anche semplice partecipazione a siti internet, la passione è un business che vale miliardi di euro. Ogni pulsante battito cardiaco che tambureggia all'unisono nelle casse toraciche di milioni di spettatori equivale ad un "drin" nelle casse di chi questo sport lo organizza.



Ma il tifo è anche, ed infine, legato alle vicende ed alla maturazione personali. In questo, la mia esperienza diretta da tifoso può aiutare.
Ho iniziato, come quasi ogni italiano appassionato di motori, con la Ferrari. Fino ad un paio d'anni fa, non ho mai avuto l'impronta di tifo rivolto al pilota - più che alla squadra - tipica dei paesi anglosassoni e della germania. La Ferrari è una religione, chi la professa praticamente con i risultati in pista non ha molta importanza. Unica eccezione, la simpatia rivolta ai piloti italiani - unico altro tifo davvero comune nella nostra penisola. Eppure nel 2002 qualcosa ha iniziato a muoversi, con il debutto di Mark Alan Webber in Formula 1. Come poteva un bambino di dieci anni essere così colpito da un singolo pilota, è facile dirlo: Mark era australiano, e io ho sempre avuto grande passione per l'Australia. La sua combinazione nome-cognome è decisamente eufonica, e il suo casco è esteticamente mozzafiato. Inoltre aveva ottenuto il sedile alla Minardi, piccolo team italiano che eroicamente affrontava ogni giorno le difficoltà della F1, lanciando giovani piloti. 



Da lì è iniziato il mio primo, reale tifo riservato al singolo pilota; il cuore, tuttavia, continuava a battere per la Ferrari. Tre anni dopo, nel 2005, debuttava la Red Bull Racing, squadra gestita dalla famosa produttrice di energy drink, e sulla quale scriverò cospicui approfondimenti prossimamente. Un'azzeccata combinazione estetica e un modo rivoluzionario di comunicare hanno presto portato la Red Bull ai vertici delle squadre non-Ferrari nella mia personale "classifica". Nel 2007, Webber si è unito alla Red Bull: coppia potenzialmente esplosiva, sia come risultati che come... Passione.
Negli ultimi due anni, una profonda maturazione personale mi ha portato verso i lidi della razionalità intensa e determinata, grazie a diversi "fattori esterni". Ho maturato una diversa concezione del mondo e dei miei altri interessi, come l'arte e la scienza. Questo processo ha lentamente diminuito il pathos nei confronti della Ferrari, icona visceralmente potente ma che ha iniziato a fare meno presa sul mio cervello. Ora ho una differente visione del motorsport rispetto ad allora - questo blog ne è l'espressione, e il nato interesse nei confronti delle strategie di marketing e delle idee geniali e di successo mi hanno sempre più progressivamente avvicinato alla Red Bull, team in cui mi rispecchio particolarmente. Giovane, fresco, innovativo: rivoluzionario nell'approccio. Curato sotto l'aspetto estetico e più commerciale, ma anche sotto il profilo tecnico-sportivo. Ha una finalità aridamente asettica, quella di diffondere e promuovere il marchio tramite lo sport per aumentare gli incassi, ma ha reclutato tecnici ed ingegneri abilissimi, gente davvero appassionata e competente, investendo nel futuro con un ricco programma giovani e mettendo in macchina due dei migliori piloti di F1 in attività.
Il tifo, insomma, è un diamante ricco di sfaccettature sia collettive che personali, un fenomeno in maturazione nel corso della vita di un individuo e la spinta che permette allo sport che amiamo di andare avanti, giorno per giorno.
Red Bull Racing: we believe.


Cos'è Mente da Corsa?





Benvenuti su Mente da Corsa.
E' la prima volta che apro un blog con una vera e propria idea in testa, nel senso più tridimensionale del termine; ho tentato un paio di volte a creare un blog o un forum, ma con idee troppo generiche, troppo comuni per emergere nel mondo del web dedicato alle Corse automobilistiche, così brulicante di attività spesso ripetitive, copia-incolla di news ed editoriali tutti identici. Questo non è un blog di informazione, innanzitutto: non saranno riportate direttamente news, per quello ci sono molti siti, blog, forum di alta qualità o loro fac-simili. Piuttosto, i temi affrontati qui riguarderanno i perchè, i motivi profondi della realtà automobilismo. E' un'indagine personale, che cerca di interpretare gli uomini protagonisti del grande Motore del Motorsport, cosa ci spinge a tifare per questa squadra piuttosto che per l'altra, quali sono i meccanismi e gli ingranaggi di un'intera costellazione di vite intrecciate, calcoli, passioni, sfide e denaro, pathos e tecnologia, rischio e sicurezza. Non aspettatevi post "politicamente corretti", nè zucchero candito distribuito a destra e a manca. Se vi hanno insegnato che ogni opinione ha uguale valore (anzichè uguale diritto di essere espressa), e se siete fortemente convinti che esse valgano quanto i fatti, allora questo blog non vi piacerà: perchè la realtà è indifferente ai nostri desideri, e il Motorsport è una realtà in scala - un concetto che avremo modo di approfondire con il tempo. La lama affilata di quello che gli inglesi definiscono a ragione Cruel Sport, e che molti benpensanti vorrebbero vedere spuntata, è il riflesso sinistro ispiratore di questo blog. 
E ricordate....
Io tifo Mark Webber! 




Nel prossimo post: cos'è il tifo?